Che cos’è il microbioma vaginale?

Ostetricia

Il corpo umano è colonizzato da miliardi di microrganismi di diverse specie, definiti nell’insieme “microbiota” (o “microbioma”). Sono germi benefici e protettivi, con un equilibrio – tra le varie colonie che lo compongono – perfetto. Se però questo equilibrio va in tilt possono manifestarsi disturbi nell’apparato interessat.Il microbiota più famoso è quello intestinale (il “secondo” cervello), ma per le donne è importante anche avere un microbiota vaginale in condizioni eccellenti. Negli ultimi anni l’interesse per quest’ultimo è molto aumentato.
Particolare attenzione viene dedicata anche al ruolo del microbiota al momento del concepimento, durante la gravidanza e il parto. Così come l’allattamento al seno gioca un ruolo fondamentale per “consegnare” al bambino una buona flora intestinale, anche il microbiota vaginale materno ha un importante influenza sul neonato: i bambini nati passando dal canale vaginale acquisiscono comunità batteriche dominate da lattobacilli simili a quelli della madre; i piccoli nati con parto cesareo sono invece colonizzati da batteri di tipo cutaneo (Staphilococcus, Corynebacterium e Propionibacterium) e l’impatto di questa differenza sulla salute da adulti è oggetto di studi.
La vagina è sana quando in età fertile il pH è intorno a 4-4,5. Se il pH sale, cambiano le proporzioni fra i diversi microrganismi presenti: una dominanza dei lattobacilli, che sono “amici” della vagina, oppure un aumento di altri ceppi di microrganismi (che dall’1-0,5% arrivano al 10-15%) che cambia completamente la situazione. I lattobacilli si riducono anche per eventi fisiologici: durante il puerperio, perché scompaiono gli estrogeni perché la donna sta allattando, e diventano ancora meno numerosi dopo la menopausa.
Ma oltre alla variazione degli ormoni circolanti, ci sono numerose condizioni che possono cambiare e prevalere sui lattobacilli. Una causa ripetuta è il sangue mestruale, perché il pH, cioè il grado di acidità, è 7,39, quindi è leggermente basico. Quando la donna ha un ciclo lungo e/o abbondante ha un innalzamento del pH vaginale e subito dopo le mestruazioni può avere secrezioni dall’odore sgradevole (“di pesce avariato”): risultato della variazione delle proporzioni tra i microrganismi presenti nella vagina».
Un altro fattore sono i rapporti sessuali frequenti: gli spermatozoi hanno un pH di 7,39 e possono, di nuovo, alterare il pH vaginale e cambiare le condizioni della flora naturalmente presente. Altre situazioni importanti: la stitichezza o la sindrome del colon irritabile (favorita anche dallo stress), perché causano infiammazione della parete dell’intestino e il passaggio di allergeni e germi che colonizzano la vagina. Infine, anche terapie mediche, gli antibiotici in particolare, possono avere sull’ecosistema vaginale l’effetto di cambiare il microbiota e causando sofferenza.
I sintomi sono il primo segnale che il pH – e quindi il microbiota – vaginale è cambiato: quando la donna nota che le secrezioni hanno un odore più acido o francamente sgradevole significa che un germe, la Gardnerella – che è normalmente presente in vagina in quantità minime – è cresciuto perché è cambiato il pH, facendo fermentare delle sostanze e causando il cattivo odore. Un sintomo associato può essere il bruciore
Per confermare la diagnosi, il ginecologo fa uno screening misurando il pH con un piccolo stick in vagina: se è giallo il pH è a 4, se vira verso il verde il pH è 5, se va verso il blu è 7 (tipico della post menopausa).
Nel 1996 viene riportata per la prima volta una significativa riduzione degli episodi di vaginite batterica in donne che assumevano yogurt contenente lattobacilli rispetto ai controlli, che assumevano yogurt pastorizzato. Successivamente, sono stati pubblicati altri studi che dimostravano il ritrovamento in vagina di lattobacilli assunti oralmente, con combinazioni capaci di normalizzare le vaginiti batteriche.
Quando c’è una variazione nella proporzione dei microrganismi che normalmente sono presenti in vagina si parla di “vaginosi”. L’infezione, invece, si definisce appunto “vaginite” e può essere causata o dall’arrivo di germi estranei o dalla “prepotenza” di un inquilino abituale, la Candida, favorita anche da fattori predisponenti, come il diabete.
La Candida normalmente se ne sta dormiente in forma di spora e si comporta quindi come saprofita. Una terapia antibiotica, però, può agire, oltre che dove c’è bisogno, anche a livello intestinale e vaginale, distruggendo i batteri nemici ma anche quelli amici. E la Candida, fino a quel momento silente, comincia a proliferare, diventa ifa e causa le vaginiti, che presentano due caratteristiche: perdite biancastre, a “ricotta”, e, nelle donne con vulnerabilità immuno-allergiche, anche un’infiammazione dell’entrata vaginale che causa dolore ai rapporti sessuali (vestibolite vaginale).
Un secondo fattore che può causare la vaginite è l’aggressione di germi che sono normali per l’intestino, come l’Escherichia coli e l’Enterococcus faecali, ma diventano patogeni se cambiano sede. La stitichezza o il colon irritabile fanno sì che questi germi attraversino le pareti intestinali e vadano a colonizzare la vagina provocando l’infiammazione e, spesso, anticipando anche una cistite.
La terza grande causa di vaginite è l’invasione di germi esterni, in particolare contratti attraverso i rapporti sessuali: possono essere microrganismi batterici o virali, particolarmente aggressivi e con tempi di incubazione più o meno lunghi, che danno luogo a quelle che si definiscono malattie sessualmente trasmesse. La prevenzione migliore di queste patologie è l’utilizzo di profilattico in caso di rapporti occasionali.
L’eccesso di pulizia o l’uso di detergenti troppo aggressivi possono avere un peso nell’alterare il delicato ecosistema vaginale, aprendo la porta a germi e irritazioni.